mercoledì 6 aprile 2016

LA RIVOLUZIONE INFORMATICA e L’HYPERARCHITETTURA

L’architettura contemporanea  denominata: “Hyperarchitettura” è uno specchio visibile e tangibile della società in cui viviamo. La Rivoluzione Informatica in poco più di quindici anni ha cambiato radicalmente tutto : economia, stili di vita ,  rapporti interpersonali, visioni e prospettive collettive; tutto questo è avvenuto in una dimensione globale in cui le dinamiche sono pressoché uguali da New York a Shangai. L’informatica ha rivoluzionato il mondo attraverso la forza dell’informazione, la quale è divenuta non solo condivisione di conoscenza , ma una rete di complicità intellettive, di interazioni a distanza con l’adozione di strumentalizzazioni sempre più tecnologicamente avanzate. Una rete virtuale di connessioni che avvolge ogni cosa in ogni luogo e per la quale si considera avere la soluzione ad ogni tipo di problema e di  bisogno. Mi viene da dire che con la Rivoluzione Informatica “tutto è a portata di mano”.
Ora esiste una prospettiva virtuale, una sovradimensione in cui tutto è possibile, in cui ogni persona può crearsi un’idealizzazione di sé stesso in un mondo parallelo condiviso ,in cui conoscenza (Google) ,identità (Facebook) , comunicazione (What’s up) ecc. creano un’identità virtuale.  L’accettazione quasi globale dell’informatica è a mio parere la chiara volontà di non riuscire a trovare una definita identità nella realtà in cui viviamo. La realtà e la virtualità si sono mescolate così in tutte le propaggini della società, influenzando, direzionando e governando. Tutto ciò ha portato a una confusione generalizzata, anzi globale su ciò che è reale o virtuale, iniettando nella mente delle persone nuovi bisogni, nuovi esigenze, nuovi stili di vita.
 Se la globalizzazione era negli anni 90 la netta volontà di avere sia le persone sia il mondo  uguali , l’informatica è stata lo strumento che ne ha permesso il processo. 

L’architettura contemporanea non può che essere uno specchio della società in cui viviamo,in cui vengono riflesse tutte le esigenze, i cambiamenti, le innovazioni e le interazioni umane, tanto è vero che il processo progettuale architettonico negli ultimi decenni è oggettivamente cambiato grazie agli infiniti strumenti tecnologici e ai programmi informatici. L’architettura così ha questo doppia faccia : una è quella di ascendere verso un benessere psicofisico dell’uomo rispondendo alle esigenze umane e contemporaneamente però né riflette contraddizioni, psicologie e visioni di un futuro.  La cosiddetta ”Hyperarchitettura” nasce dal nostro tempo, e assorbe le caratteristiche della nostra società. Dal Bauhaus l’idea di astrazione nella progettazione era rimasta invariata finchè l’informatica ha inserito l’idea di virtualità.  

virtualità s. f. [dal lat. mediev. virtualitas -atis, der. di virtualis: v. virtuale]. – Il fatto, la condizione e la caratteristica di essere virtuale, potenziale.

La virtualità così è la propensione a essere qualcosa altro, una ricerca di potenziali identità, di potenziali visioni di futuro. Infatti sempre più visibile nell’architettura è la tendenza di progettare più dei modelli potenzialmente condivisibili ,che un’architettura basata su regole e espedienti. Ogni architetto propone una potenza di futuro, strettamente soggettiva e slegata spesso dal contesto, visto appunto come ostacolo alla potenzialità architettonica poiché reale. Pertanto ogni edificio di nuova concezione è basato sul “multitasking” , cioè in parallelo al cellulare, deve poter offrire più servizi a portata di mano, divenendo un micro organismo autosufficiente in un un macro mondo diverso ( realtà).

Anche l’idea di paesaggio è cambiata. La tremenda definizione di “verde” sta sparendo, e l’architettura tende sempre di più a un minore impatto sull’ambiente, a volte mimetizzandosi con esso, ma tutto ciò deriva da una più sana e elaborata concezione di ecologia , che ormai è divenuta tema costante e non più secondario. In molte architetture la natura ritorna come tema principale e si tende a reinterpretarla in varie forme.   Le componenti progettuali così sono diventate infinite e la visione di un nuovo tipo di società è strettamente legato alla ricerca, alla potenzialità, perché  avviene il processo di conversione di elementi entrati in crisi (funzionalità ,paesaggio ,linguaggio architettonico, forma ecc.) in valori e l’informatica in quanto strumento dei nostri giorni è la principale artefice dell’indagine contemporanea.


mercoledì 30 marzo 2016

Grasshopper I° exercise











ITCAAD 2016 

COMMENTO II LEZIONE 
LA ROTTURA E LA CONDIVISIONE

Se Brunelleschi non avesse mai insegnato ad alcuno l'esistenza della prospettiva e degli intrinsechi schemi di rapporto tra lo spazio e la sua corrispondenza matematica, avremmo avuto quel mirabilissimo movimento artistico e culturale del Rinascimento?
Mi viene da pensare che probabilmente Raffaello avrebbe continuato a dipingere come Giotto e mai avrebbero realizzato quelle opere memorabili che oggi giorno tutti noi conosciamo come capolavori assoluti, se Brunelleschi non avesse tramandato loro la prospettiva.
La rottura con il passato avviene così forte da far risultare, Giotto un'artista lontano secoli da quel tempo anche agli occhi di un fiorentino del primo'400. Puntualizzo che Giotto muore nel 1337 e Brunelleschi nasce nel 1377,in pratica intercorrono solo 40 anni tra l'uno e l'altro, ma il mondo delle arti e delle scienze cambia radicalmente.
Brunelleschi quindi è "rottura" e "condivisione". 
Pertanto è fondamentale capire quanto sia di primaria importanza la condivisione e il tramandare la "rottura".
Se ciò non avviene, cioè la condivisione si interrompe, la rottura si rinsalda. Porto ad esempio i Romani. Tutt'ora si stenta a credere come fosse possibile che avessero una così formidabile abilità e conoscenza di realizzare infrastrutture ingegneristiche  formidabili, cito una:la Cloaca Maxima. Pur avendo una scarsissima conoscenza della matematica  e adottando un ordine numerico che rendeva impossibili anche le più semplici moltiplicazioni i Romani riuscivano a calcolare le sufficienti pendenze minime per far scorrere l'acqua lungo distanze chilometriche. 
Dopo l'Impero Romano si sprofonda nel Medioevo, la rottura si rinsalda e si torna indietro. La condivisione è ormai perduta.
Le fogne ritorneranno in Europa solo all'inizio del XVIII sec. a Parigi e nel XIX sec. a Londra.
Così le fogne romane, come le terme e gli acquedotti ancora oggi risultano sorprendenti quanto allora agli occhi di uno schiavo siriano che vedendo l'abbondanza di acqua potabile che fuoriusciva dalle fontane di Roma improvvisamente dimenticava la nostalgia di casa. In conclusione è di vitale importanza la condivisione della conoscenza come base costante per poter costruire le torri del sapere, sempre più in alto e sempre più solide , per poter toccare un giorno il cielo con un dito.

martedì 23 giugno 2015

lunedì 27 aprile 2015

Il mio Bang

Toyo Ito : "la città simulata"

In ogni momento della storia dell’uomo il desiderio di vita nuova è partito da uno spazio nuovo. Negli anni cinquanta per esempio, secondo le regole del buon modern living style, il sogno di tutti era una casa rivestita di alluminio ed invasa dagli elettrodomestici. Ora se si vuole dare un’immagine della vita dell’uomo, bisogna ricercare l’idea di vita perfetta considerando che viviamo nell’era dei personal computers.La ricerca di uno spazio omogeneo, universale e abitabile per l’uomo del nostro tempo è proprio ciò che sta alla base del lavoro sperimentale di Toyo Ito. Egli si chiede quindi come trovarlo dal momento che la nostra vita è quasi a tutti gli effetti simulata. L’ architetto di oggi deve dunque porsi il problema di come creare uno spazio permanente nella realtà contemporanea che è relativa e in continuo mutamento.Quando si crea un’architettura in una città simulata, si devono affrontare due problemi: il come creare un’architettura che sia un’entità, quando si rischia di perdere il significato delle cose in quanto reali;e il come creare un’architettura duratura in una situazione di continuo mutamento.La contraddizione da superare è dunque come realizzare un’architettura reale e uno spazio permanente in mezzo ad una realtà effimera ed in movimento. Ito propone di creare un’architettura fittizia, o meglio, un’architettura che sia un’entità fissa e duratura ma che vesta la maschera della costruzione temporanea e a cui venga attribuito un aspetto fittizio e provvisorio grazie ai giochi della finzione e dell’artificialità. Egli cerca di dare vita ad un’architettura integrata con il paesaggio nascondendo il volume degli edifici in rivestimenti luminosi o di vetro e trasforma lo spazio urbano in uno spazio “sonoro” tramite l’uso della nuova tecnologia.In questo modo l’architetto giapponese tende a creare una trade-union tra lo spazio primitivo, che si rifà alla natura. E lo spazio virtuale, connesso al mondo reale tramite la rete elettronica. Dal momento che l’architettura è sempre servita come mezzo di adattamento all'ambiente naturale, l’architettura contemporanea deve funzionare come mezzo di adattamento all’ambiente informatico; l’architettura oggi deve farsi vestito mediale . L’ architettura è percepita quindi come se fosse un’estensione dell’epidermide dell’uomo, un continuum del senso tattile, perciò in questa dimensione il muro non può più essere pesante e in pietra, ma flessibile e duttile, come un rivestimento, come una pelle. L’architettura ricoperta da tale membrana, funziona come abito mediale.